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IN SENATO HO ILLUSTRATO LA PROPOSTA D’ISTITUIRE LA COMMISSIONE INFRASTRUTTURE E INNOVAZIONI DIGITALI

Istituire una Commissione Permanente (la numero 15) dedicata a Infrastrutture Digitali e Innovazione Digitale. Ecco la proposta che ho presentato giovedì scorso in Senato.

 

Istituzione della 15 ª Commissione permanente – Infrastrutture e innovazione digitali – e modificazioni degli articoli 22 e 40
Relazione

 

Onorevoli Senatori. – La Costituzione repubblicana ed i Regolamenti parlamentari hanno consacrato le Commissioni permanenti quale motore e fulcro del procedimento legislativo. Le modifiche occorse agli stessi Regolamenti, nel corso dell’esperienza repubblicana e da ultimo presso il Senato nel 2017, ne hanno ulteriormente implementato il ruolo di sedi privilegiate del confronto politico tra forze governative e parlamentari. Nella tradizione delle democrazie parlamentari, ed in particolare in Italia, “Assemblea” e “Commissioni” rappresentano un sistema organico, in cui le seconde, grazie alla loro capacità decisionale danno vita a ulteriori confronti e a meccanismi di compensazione dell’intero sistema costituzionale.

Le competenze assegnate alle Commissioni permanenti, con il susseguirsi delle vicende politico – istituzionali, non sempre hanno però rispecchiato il reale stato di progresso della società italiana  nell’era della globalizzazione, tralasciando questioni che al giorno d’oggi sono diventate di primaria importanza per il presente e il futuro del Paese in termini di libertà, diritti, condizione sociale e lavoro. Di fatto, l’ultima modifica che ha comportato sostanziali cambiamenti nell’articolazione interna deriva dagli obblighi discendenti dall’appartenenza italiana all’Unione europea. Fin da prima di allora, e in maniera sempre più preponderante, la società globalizzata, e in essa quella italiana, ha intrapreso un cammino di trasformazione in cui la tecnologia e l’innovazione giocano un ruolo di primissimo piano.

Pertanto occorre ripensare il modello delle Commissioni permanenti e delle loro competenze sulla scorta delle nuove istanze introdotte dalla pervasività delle telecomunicazioni, delle infrastrutture digitali e dell’innovazione tecnologica. Solo così le stesse potranno mantenere la loro funzione di snodo cruciale tra Parlamento e le strutture funzionali della società politica, civile e delle istituzioni, al passo con il processo di innovazione e modernizzazione del Paese.

Detto ciò, con la presente proposta di modifica del Regolamento si intende affrontare il tema dello stato dell’innovazione del nostro Paese e di come il Parlamento possa assumere il ruolo di indirizzo.

La presente proposta di modifica del Regolamento del Senato ha quindi come obiettivo l’istituzione di una Commissione permanente che affronti in maniera organica le tematiche relative all’innovazione digitale ed al futuro e che valuti l’impatto degli sviluppi tecnologici nel contesto socio economico italiano. Pertanto, l’istituzione della nuova Commissione permanente comporterà altresì una ridistribuzione delle competenze assegnate alle attuali quattordici Commissioni permanenti; dunque, in una logica di semplificazione e razionalizzazione delle medesime competenze,  si auspica che la Giunta per il Regolamento proceda con una ulteriore proposta di modifica dell’articolo 22, al fine di raggiungere una più efficiente organizzazione delle Commissioni, una loro riduzione e una contestuale omogeneità di denominazioni e rispettive competenze tra Senato della Repubblica e Camera dei Deputati.

La trasformazione digitale del mondo del lavoro, dell’economia e della nostra vita quotidiana ha subito negli ultimi anni una rilevante accelerata destinata ad accentuarsi. Si tratta di un processo inevitabile e irresistibile che sta coinvolgendo tutti i Paesi e che tutti gli organismi internazionali e nazionali stanno affrontando sotto vari aspetti.

La Commissione europea, dando seguito alla Strategia di Lisbona, nel maggio del 2010 ha avviato l’Agenda Digitale per l’Europa (DAE), una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, che fissa gli obiettivi per la crescita nell’Unione da raggiungere entro il 2020. L’Agenda Digitale propone di sfruttare al meglio il potenziale delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso. Contiene 101 azioni, raggruppate intorno a sette aree prioritarie: promuovere un quadro giuridico e normativo nuovo e più stabile, tale da incentivare gli investimenti in un’infrastruttura aperta e competitiva per la banda larga ad alta velocità; realizzare nuove infrastrutture per i servizi pubblici digitali per collegare l’Europa; avviare processi di istruzione e formazione, in grado di fornire le competenze digitali adeguate per la nuova occupazione generata da questo settore; migliorare il tasso di fiducia e sicurezza in Internet, promuovendo una strategia per la sicurezza dell’UE, che sia in grado di fornire risposte coordinate agli attacchi cibernetici e norme più rigorose per la protezione delle persone in merito al trattamento dei dati personali; aggiornare il tessuto normativo dell’UE sul diritto d’autore (copyright) e sulla disciplina dei marchi; accelerare il cloud computing attraverso il potere d’acquisto del settore pubblico; lanciare una nuova strategia industriale sull’elettronica.

In particolare, la Strategia Europa 2020, si è incentrata sulla diffusione della banda larga, quale strumento per rilanciare l’economia e la competitività dei Paesi dell’Unione Europea, per migliorare gli standard di trasparenza nei rapporti fra i privati, le istituzioni e le pubbliche amministrazioni e, infine, come mezzo per ampliare l’uso delle tecnologie per incrementare i livelli di comunicabilità ed inclusione sociale. Recentemente gli stati membri hanno anche firmato un accordo per collaborare sull’intelligenza artificiale. Da tempo, la Commissione Europea ha inoltre costituito la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie (DG-CONNECT) come responsabile delle politiche dell’UE in materia di mercato unico digitale, sicurezza di Internet e scienza e innovazione digitale.

L’Italia, rispetto agli altri partner europei, registra ancora un elevato divario in tale settore. Secondo il Digital Economy and Society Index (DESI – Indice della economia e società digitale), che ogni anno misura le prestazioni digitali dei paesi dell’Unione Europea sulla base di 5 indici (connettività; capitale umano; utilizzo di internet; integrazione della tecnologia digitale nei sistemi produttivi e servizi pubblici digitali), il nostro Paese risulta costantemente al venticinquesimo posto, fra i 28 Stati membri dell’UE. In particolare l’Italia si dimostra in difficoltà, sia nella formazione superiore che in quella universitaria. In ambito universitario, infatti, i dati sulla percentuale di laureati in discipline scientifiche, tecnologiche e matematiche (STEM) si assesta appena al 25% del totale.

Tutto questo si esplica in una discrepanza tra le crescenti abilità (skills) digitali e di risoluzione dei problemi (problem solving) richieste ai lavoratori e la qualità dell’offerta occupazionale che nel nostro Paese colpisce più di un posto di lavoro su cinque. Parimenti, secondo il punteggio GTCI (Global Talent Competitive Index) che classifica 119 Paesi per capacità di sviluppare, attirare e fidelizzare i talenti, l’Italia è trentaseiesima dopo il Regno Unito, la Germania e la Francia. In questo contesto di inferiorità le imprese italiane, soprattutto le PMI, come riportato dal rapporto ISTAT sulla competitività dei settori produttivi, possiedono un tasso molto basso di digitalizzazione, mentre solo il 5% del totale sono ad alta digitalizzazione.

L’esclusione nel mondo del lavoro, sempre maggiormente tecnologico, e il digital divide rischiano di pesare profondamente sui cittadini del nostro Paese: secondo il Rapporto 2017 Agi-Censis ‘La cultura dell’innovazione’, è possibile stimare in oltre 3 milioni gli italiani dai 18 agli 80 anni che si siano connessi molto raramente alla rete, utilizzando marginalmente tutti i servizi e le opportunità che il digitale mette a disposizione. Quest’Italia “fuori rete”, per circa un quarto si sente realmente svantaggiata rispetto a chi è in condizioni di connettersi frequentemente e agevolmente. Uno svantaggio che viene ricondotto all’accesso alle informazioni, ai servizi ed alle minori opportunità di relazione con gli altri. Un ulteriore punto problematico è la doppia velocità di penetrazione del digitale nel nostro paese: da un lato ci sono le tecnologie della comunicazione e dei servizi di disintermediazione digitale il cui sviluppo è oramai quasi completamente maturo, dall’altra c’è la digitalizzazione nella PA che deve fare i conti con un sistema di regole e procedure non ancora adatte a processi effettivamente digitali.

A questi scenari si deve aggiungere che i settori che potrebbero trarre beneficio dall’analisi dei big data stanno sfruttando ancora poco i dati provenienti dalla localizzazione, dai sensori e dai social, nonostante la previsione di crescita del 12% che porterebbe ad un aumento dall’attuale valore di 130 miliardi a circa 200 miliardi tra 4 anni. Il settore finanziario ed assicurativo, oggi riconcettualizzato dalla rivoluzione Fintech ed Insurtech e dal ruolo predominante degli algoritmi, vede l’Italia essere fanalino di coda nell’utilizzo di tali opportunità. I settori in cui le soluzioni di analisi dati (analytics) per Big Data avranno maggiore spazio sono principalmente l’attività produttiva (manufacturing) di prodotto e di processo, quello bancario e quello della PA. Di strategica importanza per il Paese è soprattutto il settore sanitario, dove l’analisi dei big data, promette consistenti risparmi attraverso l’analisi predittiva.

I nuovi lavori e il lavoro del futuro hanno quindi necessità di nuovi quadri normativi che, privilegiando l’innovazione nel lavoro, ne controbilancino gli effetti garantendo il primato della persona e del lavoratore e la sua dignità e superiorità rispetto a qualsiasi intelligenza artificiale.

Dal punto di vista normativo, negli ultimi anni, i progressi hanno riguardato l’integrazione del CAD (Codice amministrativo digitale) con la “carta della cittadinanza digitale”, l’implementazione del Sistema Pubblico d’Identità Digitale (SPID) e l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). A cittadini ed imprese vengono garantiti il diritto di accesso ai dati, ai documenti e ai servizi di loro interesse in modalità digitale, semplificando le modalità di accesso ai servizi alla persona. Tuttavia la definizione dei diritti spesso non va di pari passo con la loro effettiva applicazione.

Dal punto di vista istituzionale, l’Agenda digitale italiana ha dettato un insieme di priorità con azioni e risorse dedicate all’innovazione del Paese come: l’identità digitale del cittadino, gli open data, l’e-government, l’azzeramento del digital divide, i pagamenti elettronici, la sanità e la giustizia digitale, l’istruzione, la ricerca e la smart city. L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha invece recepito il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea, al fine di perseguire il massimo livello di innovazione tecnologica nell’organizzazione e nello sviluppo della pubblica amministrazione e al servizio dei cittadini e delle imprese, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza e secondo criteri di efficienza, economicità ed efficacia.

Tra le iniziative parlamentari di rilievo in questo ambito si cita il lavoro svolto, nella XVII legislatura, dall’Intergruppo Innovazione, cui hanno partecipato parlamentari di diversi schieramenti e competenze. Di particolare importanza è stata inoltre l’istituzione, alla Camera dei deputati, di una Commissione di inchiesta monocamerale sul livello di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, che nella sua relazione finale sull’attività svolta, tra le indicazioni conclusive, ha esortato il Legislatore nazionale a valutare l’opportunità di aggiornare la struttura delle Commissioni permanenti, prevedendone una dedicata ai temi del digitale. Tutto ciò in considerazione del fatto che il tema delle infrastrutture digitali, della digitalizzazione dei processi e dell’innovazione tecnologica rimane suddiviso e frammentato presso varie Commissioni. Questa condizione comporta una dispersione della discussione ed una molteplicità di approcci che evidenzia un esame non univoco e organico e complessivamente problematico e inefficace.

A titolo di esempio, secondo una ricerca effettuata nella banca dati web dei disegni di legge presentati la scorsa legislatura al Senato della Repubblica, esistono trentanove proposte che contengono nel titolo la parola internet, digitale, telematico, informatica, elettronico, tecnologia o loro declinazioni. Di queste, tredici sono state assegnate alla Commissione Affari costituzionali, cinque alla Commissione Giustizia, una alla Commissione Affari esteri, emigrazione, otto alla Commissione Finanze e Tesoro, quattro alla Commissione Istruzione pubblica, beni culturali, quattro alla Commissione Lavori pubblici, comunicazioni, due alla Commissione Industria, commercio, turismo, una alla Commissione Lavoro, previdenza sociale e una alla Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali.

La nuova Commissione avrà l’esclusiva competenza sulle infrastrutture digitali di telecomunicazione e sull’agenda digitale della pubblica amministrazione, acquisendo tali competenze, rispettivamente, dalla Commissione Lavori pubblici, comunicazioni e dalla Commissione Affari costituzionali. Si occuperà inoltre dell’adeguamento dell’infrastruttura per la conservazione (cloud storage) e il trattamento dei dati, dell’informatica ad alta prestazione (high perfomance computing), dell’intelligenza artificiale e della blockchain.

Per quanto attiene tutti gli aspetti di attuazione e implementazione del digitale che riguardano specifici ambiti settoriali di competenza delle altre Commissioni permanenti, i pareri della Commissione saranno obbligatori.

La Commissione parteciperebbe inoltre alle consultazioni pubbliche per l’elaborazione delle iniziative legislative della Commissione europea su questi temi, svolgendo anche specifiche indagini conoscitive e audizioni.

In questo senso, la presente proposta di modificazione sostituisce l’articolo 22 del Regolamento, andando ad aggiungere dopo la 14ª Commissione, «Politiche dell’Unione europea» una quindicesima denominata: «Infrastrutture e innovazione digitali».

Si modifica inoltre l’articolo 40 prevedendo che alla nuova Commissione permanente siano assegnati per il parere i disegni di legge, deferiti ad altre Commissioni, che presentino aspetti rilevanti in tema digitale.

 

 

 

 

 

PROPOSTA DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO

 

 

 

 

 

Art. 1.

  1. L’articolo 22 è sostituito dal seguente:

 

«1. Le Commissioni permanenti hanno competenza sulle materie per ciascuna indicate:

1ª – Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione;

2ª – Giustizia;

3ª – Affari esteri, emigrazione;

4ª – Difesa;

5ª – Programmazione economica, bilancio;

6ª – Finanze e tesoro;

7ª – Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport;

8ª – Lavori pubblici, comunicazioni;

9ª – Agricoltura e produzione agroalimentare;

10ª – Industria, commercio, turismo;

11ª – Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale;

12ª – Igiene e sanità;

13ª – Territorio, ambiente, beni ambientali;

14ª – Politiche dell’Unione europea;

    15ª – Infrastrutture e innovazione digitali».

 

Art. 2.

  1. All’articolo 40, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

 

«4-bis. Sono assegnati alla 15ª Commissione permanente, per il parere, i disegni di legge deferiti ad altre Commissioni che presentino aspetti rilevanti in tema digitale».