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L’AI C’È, MA NON È ANCORA DEMOCRATICA

L’8 dicembre scorso si è svolto il trilogo (negoziato a tre tra Commissione Europea, Parlamento Europeo e Consiglio Europeo) per arrivare ad un accordo sullo sviluppo in Europa dell’intelligenza artificiale (AI), ed in effetti dopo 36 ore ininterrotte di estenuanti trattative l’accordo politico c’è (per ora niente di scritto ufficialmente, il documento ufficiale verrà pubblicato in primavera o estate, il cosiddetto AI Act, il Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale).

L’Europa mira a definire un quadro giuridico unico europeo affinché lo sviluppo dell’AI si svolga ed abbia successo, ma nello stesso tempo con le opportune garanzie. L’obiettivo del regolamento è che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Europa rispetti la democrazia, le libertà e lo stato di diritto. Il Regolamento ha come scopi il prevenire gli abusi che si possono compiere sui cittadini usando l’AI e che l’uso dell’AI sia etico e responsabile.

D’altra parte c’è anche la necessità di promuovere l’innovazione e la leadership europea in questo settore perché non vorremmo  rimanere indietro, anche se già lo siamo nei confronti di quanto stanno facendo Stati Uniti e Cina in primis, ma anche altre realtà non europee quali i paesi arabi, Russia, Israele.

Ci sono varie domande aperte e serve dare una risposta.

L’uso dell’AI è sostenibile? Sappiamo che per far funzionare l’AI occorrono grossi datacenter molto energivori.

L’uso dell’AI è in linea con lo stato di diritto? 60 professori universitari hanno scritto mentre si svolgeva il trilogo e hanno chiesto al Parlamento di non cedere alle pressioni delle corporation e di mantenere la promessa che l’AI non vada a ledere i diritti umani e non supporti le discriminazioni.

Il risultato è che sono stati messi dei limiti: determinate applicazioni sono definite proibite, ad alto rischio, o a rischio inaccettabile, quali quelle basate su categorizzazione o identificazione biometrica dei dati sensibili. Viene proibito lo scraping non mirato di immagini, per evitare la sorveglianza di massa. Viene introdotto il  divieto di riconoscimento delle emozioni sui luoghi di lavoro e nei luoghi educativi (infatti è già stato fatto in assenza di regolamentazioni). È proibito il social scoring e le tecniche manipolative. Il riconoscimento biometrico da parte delle forze dell’ordine è possibile solo nel caso di reati gravi.

La polizia predittiva, ossia la possibilità di elaborare i comportamenti delle persone per arrivare a conoscere se una determinata persona è nel procinto di compiere un reato per bloccarla prima che lo compia, il cosiddetto processo alle intenzioni, è vietata. Da parte delle forze dell’ordine è obbligatoria la notifica e la trasparenza.

Anche i sistemi utilizzati per influenzare il risultato delle elezioni sono categorizzati ad alto rischio e pertanto sono vietati, avendo la consapevolezza che sono già stati utilizzati in occasione della Brexit e delle elezioni presidenziali USA.

Queste sono solo alcune delle problematiche che l’AI act deve affrontare ed il risultato ottenuto, anche se è stato presentato come un grande successo per il fatto di avere prodotto un atto giuridico unitario, in realtà è molto carente per quello che riguarda i diritti dei cittadini. Infatti i temi sono stati affrontati principalmente dal punto di vista delle grandi imprese, ossia sui profili di rischio che per le imprese sono ritenuti inaccettabili o a rischio molto alto. Le critiche espresse denunciano che sia un approccio rivolto al passato, che il regolamento non sia in grado di alimentare la ricerca e lo sviluppo tecnologico e nello stesso tempo non protegga i diritti fondamentali delle persone. Quindi per ora non sono chiare le tutele né per le aziende innovative europee, che rimangono svantaggiate nei confronti delle big tech statunitensi, né per i cittadini che ancora non dispongono di un apparato normativo chiaro per la protezione dei loro diritti fondamentali. Ora il prossimo passo è il tema dell’impatto dei sistemi AI sul mercato del lavoro, che verrà trattato nel prossimo semestre del G7, che vede proprio l’Italia alla sua guida e si terrà in Puglia in estate.

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