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AEMILIA, M5S: “LO STATO TUTELI DONATO UNGARO, L’ATTENZIONE CONTRO LA MAFIA RESTI ALTA”

“Donato Ungaro è vittima di un’ingiustizia”. Lo affermano la Vice Presidente della Camera Maria Edera Spadoni, i Senatori del MoVimento 5 Stelle Maria Laura Mantovani e Gabriele Lanzi. Mantovani è la prima firmataria di un’interrogazione, sottoscritta anche da Lanzi, presentata ai Ministeri dell’Interno e della Giustizia.

“L’ex vigile urbano di Brescello ha denunciato episodi di malaffare nel 2001, 14 anni prima dell’inizio del processo Aemilia, e ha subito diverse intimidazioni per le sue denunce sui prelievi di sabbia e le malattie tumorali sul territorio – ricordano Spadoni, Mantovani e Lanzi – prima di essere allontanato dal Comune retto dall’allora sindaco Ermes Coffrini, padre di Marcello, sindaco quando l’amministrazione fu dapprima sciolta per infiltrazioni mafiose e poi commissariata. Dopo tre gradi di giudizio, Ungaro vince la causa per il reintegro in servizio e viene indennizzato, ma il Comune lo licenzia nuovamente. Le richieste di stipendi arretrati solo in parte sarebbero state invece ottemperate”.

I Portavoce del M5S domandano quindi ai Ministri Matteo Salvini e Alfonso Bonafede “che vengano riconosciuti i diritti di Ungaro, secondo quanto stabilito da sentenze passate in giudicato, e che sia tutelata e valorizzata la sua azione di whistleblower per aver denunciato gli illeciti illegali tra la ‘ndrangheta e l’amministrazione locale”.

Spadoni, Mantovani e Lanzi insistono sulla legalità e sulla lotta alla criminalità organizzata, domandando altresì ai due Ministri “quali iniziative si intenda adottare per contenere e definitivamente debellare le attività criminose poste in essere dal clan Grande Aracri sul territorio nazionale e in particolare in Emilia Romagna, che stanno causando danni di carattere economico, sociale e ambientale alla cittadinanza locale”.

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Qui il testo integrale dell’interrogazione.

Ai Ministri dell’interno e della giustizia. –

Premesso che:

lo scorso 28 gennaio 2015 una maxi operazione dei Carabinieri ha colpito il clan Grande Aracri, ‘ndrina originaria di Cutro, in provincia di Crotone, e ha portato all’arresto di 160 persone in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia;

in seguito a tale operazione e alla fase istruttoria, nel 2015 è iniziato il processo denominato “Aemilia”, che ha visto imputati 240 persone, tra cui: funzionari amministrativi, esponenti delle forze di polizia, giornalisti, liberi professionisti, politici e imprenditori. Gli imputati sono stati accusati di diversi reati, in particolare per associazione a delinquere di stampo mafioso;

il 31 ottobre 2018 è stata emessa la sentenza da parte del Tribunale di Reggio Emilia, che ha condannato 119 imputati per un totale di 1.200 anni di carcere;

considerato che:

nel corso degli anni sono state presentate, senza essere prese in considerazione, diverse denunce per segnalare infiltrazioni mafiose e collusioni tra cosche e istituzioni locali in Emilia-Romagna, che hanno comportato danni all’economia e al patrimonio ambientale, oltre a danni alla salute dei cittadini;

a titolo di esempio, si cita la vicenda di Donato Ungaro, vigile urbano del Comune di Brescello, che a partire dal 2001 ha denunciato episodi di malaffare della sua amministrazione legati al territorio;

nelle sue denunce giornalistiche e giudiziarie, Donato Ungaro aveva evidenziato un clima di diffusa reticenza sui fatti che legavano l’attività dell’amministrazione locale con persone legate alla criminalità organizzata. Ungaro aveva, tra l’altro, denunciato il fenomeno delle escavazioni abusive nell’alveo del fiume Po, il prelievo di sabbia oltre i limiti consentiti nelle cave autorizzate, l’uso di scarti di fonderia come sottofondo stradale, le irregolarità in un progetto di realizzazione di una centrale turbogas in riva al Po. In seguito a tali accuse, Ungaro fu vittima di vari episodi di intimidazione;

nel 2002, in seguito ad un articolo pubblicato sulla “Gazzetta di Reggio”, in cui denunciava l’aumento preoccupante di malattie tumorali nel territorio di Brescello, Ungaro veniva allontanato dal Comune e dichiarato decaduto dall’impiego. In seguito a tale denuncia, l’AUSL territoriale avviava un’indagine, i cui risultati portarono alla creazione del registro provinciale dei tumori;

il sindaco di Brescello era allora Ermes Coffrini, padre di Marcello Coffrini, a sua volta sindaco dello stesso comune dal 2014 al 20 aprile 2016, fino a quando la sua amministrazione fu sciolta per infiltrazioni mafiose con conseguente commissariamento;

in seguito a un lungo e complesso iter processuale articolatosi in tre gradi di giudizio, Ungaro otteneva la reintegra nel posto di lavoro per licenziamento “illegittimo”, stabilito sulla base della delibera della Giunta comunale n. 26 del 28 maggio 2013, per il 10 giugno 2013. In sostituzione della reintegrazione, Ungaro inviava al Comune una richiesta per l’ottenimento di un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, come previsto dalla legge. Il Comune di Brescello non rispondeva alla richiesta e, al contrario, lo licenziava nuovamente per non essersi presentato sul posto di lavoro nella data indicata;

successivamente, Ungaro chiedeva un pignoramento nei confronti del Comune di Brescello per un importo pari alle mensilità arretrate, indennità sostitutiva della reintegra e trattamento di fine rapporto. A quanto risulta agli interroganti, nel 2017 otteneva l’accredito degli stipendi arretrati, ma solo in parte sarebbero state ottemperate le sue richieste in merito, sia all’indennità sostitutiva alla reintegra, sia agli aspetti previdenziali connessi;

rilevato quindi che:

a parere degli interroganti, risulta palese come Donato Ungaro sia stato vittima di una ingiustizia perpetrata ai suoi danni come whistleblower, figura riconosciuta nel nostro ordinamento dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero per aver denunciato gli intrecci illegali esistenti tra l’amministrazione pubblica locale, affaristi e esponenti della ‘ndrangheta, appartenente al clan Grande Aracri;

la continuità politica dell’amministrazione di Brescello ha impedito che gli venisse riconosciuto quanto richiesto e previsto in base alle sentenze, e tale atteggiamento non risulta mutato neanche dopo lo scioglimento del Comune per mafia e l’insediamento della commissione straordinaria del Governo, incaricata della gestione del comune stesso,

si chiede di sapere:

quali iniziative si intenda adottare per contenere e definitivamente debellare le attività criminose poste in essere dal clan Grande Aracri sul territorio nazionale e in particolare in Emilia-Romagna, che stanno causando danni di carattere economico, sociale e ambientale alla cittadinanza locale;

se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di propria competenza affinché si ponga fine positivamente alla vicenda che ha coinvolto Donato Ungaro, in modo che vengano riconosciuti i suoi diritti, secondo quanto stabilito da sentenze passate in giudicato, e che sia tutelata la sua azione di whistleblower per aver denunciato gli intrecci tra la ‘ndrangheta e l’amministrazione locale.