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Esame del Decreto legge del 24 dicembre, il mio intervento in aula

Di seguito il testo integrale dell’intervento che oggi, giovedì 10 febbraio, ho fatto in aula al Senato in riferimento all’esame del decreto legge del 24 dicembre.

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Colleghi e governo,

il decreto-legge oggi all’esame dell’aula, pubblicato il 24 dicembre 2021, nella relazione esplicitava l’intento di recare disposizioni necessarie a fronteggiare con immediatezza l’evolversi della situazione epidemiologica, nell’attuale contesto di rischio che impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività.

Infatti in tale data l’ondata di contagi dovuta alla variante Omicron iniziava la sua impennata anche in Italia, con una decina di giorni di ritardo rispetto alla situazione che già si delineava in altri paesi europei, come la Gran Bretagna, la Spagna, la Danimarca e altri.

A far tempo una settimana il governo emana il 31.12.2021 un nuovo decreto-legge recante misure necessarie per affrontare con tempestività le emergenze connesse all’evolversi della situazione epidemiologica, integrando ulteriormente il quadro delle misure delineato dal decreto-legge 24.12.2021 recante “Proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19”.

Come primo nuovo provvedimento si prevede il prolungamento dello stato di emergenza nazionale per ulteriori 2 mesi, dal 31 gennaio fino al 31 marzo 2022. Tale previsione va in controtendenza rispetto a quanto operato dagli altri paesi europei. Uno stato di emergenza che si protrae oltre i 2 anni per fronteggiare una pandemia che certo non si preoccupa di rispettare i confini nazionali dovrebbe essere parimenti adottato anche dagli altri paesi europei. Invece vediamo altri paesi a noi vicini, come la Spagna, eliminare lo stato di emergenza precedentemente adottato. Altri paesi come la Gran Bretagna o la Svizzera mai hanno adottato lo stato di emergenza. La Danimarca l’ha abrogato da 5 mesi. Se ne potrebbe dedurre che lo stato d’emergenza in Italia viene mantenuto per coprire altre inefficienze del governo. Si prolunga lo stato d’emergenza perché il sistema sanitario è ancora in affanno. Significa che le misure e gli interventi finora adottati non sono stati adeguati e sufficienti ad assicurare alla popolazione un sistema sanitario efficace per tutelare la salute dei cittadini. Prolungando l’emergenza di 2 mesi il governo cosa si propone di adottare come nuove misure correttive? Cosa manca al nostro sistema sanitario?

L’Italia ha raggiunto un elevato livello di vaccinazione. Secondo il Financial Times, che mantiene una classifica aggiornata sulla base dei dati forniti dai siti governativi dei diversi paesi, l’Italia è al secondo posto in Europa, seconda solo alla Danimarca, per dosi di vaccino somministrate. L’Italia ha vaccinato in percentuale più del Portogallo, più del Belgio, più della Francia, più della Germania, più dell’Austria, più della Spagna, più della Gran Bretagna. E potrei continuare elencando tutti i paesi europei. Ha vaccinato molte più persone in percentuale rispetto a Israele, molte di più rispetto alla Svizzera.

Anche per quanto riguarda la distribuzione della terza dose l’Italia è in testa alla classifica avendo già raggiunto il 60% della popolazione. La Gran Bretagna il 56%, la Germania il 55%, la Francia con la terza dose è arrivata al 50%.

Per quale motivo allora, visto il successo della campagna vaccinale, l’Italia continua a performare peggio per quanto riguarda il contrasto alla pandemia? L’Italia con i suoi attuali 360 decessi in media al giorno (media calcolata sugli ultimi 7 giorni), ossia 6,15 decessi per milione di popolazione, contro i 4,19 della Francia, 3,12 della Gran Bretagna, 1,64 della Svizzera, 1,38 della Germania, l’Italia manifesta la situazione peggiore in Europa per decessi. A fronte del più alto tasso di vaccinazione, ha ancora il più alto tasso di mortalità per covid-19 in Europa.

Quindi mi domando e domando al governo: quali sono le nuove e ulteriori misure in aggiunta alla campagna di vaccinazione che si intendono intraprendere per ridurre il tasso di letalità per covid-19?

Questo prolungamento dello stato di emergenza quali obiettivi si propone per risolvere definitivamente questa situazione critica di alta letalità al fine di tutelare meglio la nostra popolazione?

Tornando al provvedimento in esame, all’articolo 3 e con il successivo emendamento governativo il governo si preoccupa di modificare la durata della validità delle certificazioni verdi covid-19 a far data dal 1° febbraio 2022. Io mi domando: come può essere una misura volta a fronteggiare con immediatezza l’evolversi della situazione epidemiologica, una misura che entra in vigore 40 giorni dopo la pubblicazione? Dove sta l’immediatezza dell’azione di contrasto? La previsione di modifica, si spiega nella relazione, è volta a consentire la somministrazione della terza dose anche a coloro che medio tempore non l’hanno ancora ricevuta e nel contempo evitare l’inefficacia delle certificazioni verdi COVID che risulterebbero scadute con l’entrata in vigore della nuova normativa. Si tratta di una normativa esclusivamente burocratica. Non è chiaro che cosa impedisse ai cittadini di ottenere la terza dose, e che cosa con questa norma sarebbe stato facilitato. Piuttosto i cittadini a quel tempo richiedevano in massa la terza dose, mentre le somministrazioni non erano disponibili e venivano calendarizzate con difficoltà.

Secondo un modo elementare di ragionare, si penserebbe che a fronte di una emergenza sanitaria per la quale sono ancora necessari un contrasto e un’azione governativa importante, vengano poste in essere misure che mettano in campo più risorse per quanto riguarda la cura e la prevenzione. Invece il decreto in esame si preoccupa fondamentalmente di mettere pesanti restrizioni alle libertà personali a quella piccola fascia di cittadini che consapevolmente e lecitamente ha deciso di non avvalersi della vaccinazione.

Si tratta ormai di circa solo il 10% della popolazione, prevalentemente appartenente alle fasce più giovani della popolazione. Per queste fasce di popolazione, quelle dai 12-19 anni, da 19-29 anni, dai 30 ai 39 anni, dai 40 ai 49 anni, sono le fasce di popolazione per le quali il virus, a parte per le situazioni di fragilità personale, è stato affrontato dai sistemi immunitari personali degli organismi umani in modo molto efficace e pertanto l’incidenza di letalità e di patogenicità grave sono state bassissime, anche nel periodo di assenza dei vaccini.

Invece il decreto introduce previsioni di accanimento proprio per queste fasce di popolazione giovanile che costituiscono oltre il 70% delle persone che a oggi risultano ancora non vaccinate: viene vietato il consumo di cibi e bevande al banco, al chiuso, nei servizi di ristorazione, accesso agli alberghi e alle altre strutture ricettive, agli spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi, viene vietato altresì l’accesso ai musei, ad altri istituti e luoghi della cultura e mostre, alle piscine, centri natatori, palestre, sport di  squadra, centri benessere, anche  all’interno  di  strutture ricettive, ai centri termali, ai parchi tematici e di divertimento, ai centri  culturali, ai centri  sociali e ricreativi, alle feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose luoghi ai corsi di formazione privati se svolti in presenza.

Non è proprio facile capire dove sta il buon senso nell’applicare queste restrizioni molto dure, uniche in Europa, che ci posizionano al livello più alto al mondo per stringency index.

Oltre alle limitazioni sulla libertà personale, queste limitazioni per combattere la pandemia hanno portato al crollo di attività in bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi, cosa che ha travolto conseguentemente interi settori dell’agroalimentare Made in Italy. Il bilancio di Coldiretti stima in 5 miliardi di euro l’ammontare di cibi e vini invenduti. E nel 2022 il trend è in peggioramento.

Secondo Epat-Ascom Torino, ammonta a oltre un milione di euro al giorno, per l’esattezza un milione e 150mila euro, il conto che bar e ristoranti di Torino e provincia devono pagare quotidianamente (invece di essere loro a battere gli scontrini) per quella fetta di clientela che, essendo senza green pass, non può più effettuare consumazioni con l’entrata in vigore delle nuove regole anti pandemia.

Federalberghi Roma e l’Assessore al Turismo di Roma denunciano altresì l’incomprensibile dissonanza delle norme attualmente in vigore che dal 1° febbraio eliminano l’obbligo di Super GREEN PASS per entrare in Italia dai Paesi Ue e diversi altri, ma lo mantengono per soggiornare nei nostri hotel e per avere accesso a quasi tutti i servizi legati alla filiera turistica (treni, ristoranti, musei, ecc.). Un evidente disallineamento normativo che penalizza irrazionalmente la ricettività ufficiale rischiando di favorire il sommerso.

Con l’obbligo della certificazione verde, o green pass, per musei e monumenti, i problemi drammatici dei luoghi della cultura e del turismo, che in Italia spesso coincidono, si evidenziano e si acuiscono.

Nel settore dei musei e dei monumenti la Certificazione verde viene richiesta per tutti i siti “a bigliettazione”: quindi non conta se il sito è all’aperto (parchi archeologici) o al chiuso (musei), ma se è delimitato e ci si entra tramite un biglietto (anche se tale biglietto è gratuito), oltre ai pochi che, pur senza bigliettazione, hanno già ora i controlli della temperatura (per esempio a Roma il Pantheon). Sono perplessa e preoccupata di fronte all’imposizione del Green Pass per i musei e i luoghi della cultura, tutti indistintamente; soprattutto di fronte alla sua realizzazione pratica e alle conseguenze.

I musei, monumenti e parchi archeologici, dalla riapertura dopo il primo lockdown, sono tra i luoghi più sicuri del paese: non sono affollati e sono soggetti a severi controlli e restrizioni. Si può entrare solo previo controllo della temperatura e indossando la mascherina, che va mantenuta per l’intera permanenza, anche se sono all’aperto. Molti dei siti più famosi e visitati d’Italia sono all’aperto.

Anche al chiuso in larghissima misura sono spesso deserti.

Il ritorno al green pass base con mascherina FFP2 non aumenterebbe neanche minimamente il rischio di contagio. Le persone ormai sono abituate, sono state educate, utilizzano la mascherina quando serve e si sanno difendere in queste occasioni.

Nel nostro paese l’accesso alla cultura dovrebbe essere sempre incentivato e non ostacolato.

Si legge in una nota circolata negli ultimi giorni: Obbligo Green Pass, venti scuole di danze unite: “il governo faccia un passo indietro”, “in atto una discriminazione lesiva”.

Un gruppo di venti scuole di danza delle province di Forlì-Cesena e Rimini si sono riunite, chiedendo alle istituzioni politiche e sportive di fare un passo indietro sulla normativa legata al Green Pass, obbligatorio per i giovani che intendono praticare attività sportive. “All’interno delle associazioni sportive ci sono insegnanti, formatori, educatori, combattuti tra la necessità di dimostrare il rispetto delle regole – valore sportivo ed educativo indiscutibile di per sé – e il disagio dovuto alla consapevolezza di mettere in atto una discriminazione lesiva all’interno del gruppo dei loro giovani allievi, che oggi diventa addirittura esclusione senza alternative”, si legge nella nota congiunta.

Gli insegnanti evidenziano “un vero e proprio conflitto di coscienza” e fanno appello alle istituzioni: “Non si può negare ai nostri ragazzi il benessere fisico e psicologico, che si promuove anche e in gran parte attraverso la pratica sportiva e l’educazione alle arti, che sono beni essenziali, così come lo è il gioco. Noi siamo i loro insegnanti, educatori, siamo un esempio per la loro formazione, anche sociale, e ci viene richiesto di escludere dalle nostre lezioni minori anche giovanissimi, perché non in possesso di un documento che, in ogni caso, non garantisce la protezione sanitaria promessa. Separazione ed esclusione sono atti diseducativi e pericolosi nella crescita di tutti noi e i ragazzi vanno tutelati”.

Un’altra notizia di questi giorni: Multato perché senza Green Pass, si dà fuoco in strada. Gesto estremo nel tardo pomeriggio di sabato 5 febbraio: un dipendente del kebab di Via Roma a Oderzo (Treviso) si è dato fuoco in strada cospargendosi il corpo con una bottiglietta piena di benzina.

L’uomo, 38enne, non aveva il Green Pass. Per questo motivo i carabinieri, dopo un primo controllo, lo hanno sanzionato. Prima di compiere il folle gesto la persona avrebbe detto a due clienti che per una condanna gli sarebbe rimasto poco da vivere. Nessuno dei presenti pensava potesse arrivare a tanto, invece l’uomo si è cosparso il corpo con una bottiglietta piena di benzina, dandosi fuoco con un accendino nel bel mezzo di Via Roma, una delle strade più trafficate di Oderzo, mettendosi a correre per una cinquantina di metri sotto gli occhi increduli dei passanti.

E ancora, altra notizia: Niente vaccino, niente calcio: la squadra si ritira.

Succede nel campionato regionale Under 17 girone D; anche una multa per la società.

Si legge: Cade la prima squadra. Piuttosto che vaccinarsi, hanno preferito tirare i remi in barca: e così, vista l’eccessiva presenza di giocatori non disposti a sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid, il Carignano è stato costretto a ritirare il proprio gruppo Under 17, che partecipava al girone D del campionato regionale piemontese.

Chiedo al governo di retrocedere rispetto a questa applicazione abnorme del green pass rafforzato perché è evidente che non è una misura sanitaria e che va a comprimere fortemente la libertà di persone non particolarmente soggette alla patologia da covid-19; una tale misura rischia fortemente di aggravare danni dal punto di vista economico e dal punto di vista delle tenuta psicologica dei nostri bambini, giovani, ragazze e ragazzi e fasce più giovani della popolazione.

Ho ripresentato per l’aula gli emendamenti che in commissione non sono stati presi in considerazione e che chiedono di ritornare indietro e ripristinare per tutte le diverse situazioni il green pass base con uso della mascherina FFP2. Credo che sia una misura già abbastanza restrittiva per tutelare la salute e andrebbe incontro a tutti i problemi sopra illustrati. Confido che il governo vorrà riconsiderare la propria posizione ed andare incontro ai problemi reali della nostra cittadinanza.