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IL SALARIO MINIMO ESISTE GIA’ IN 21 STATI UE. IN ITALIA CHI SI OPPONE FA POLEMICA STERILE

I detrattori del salario minimo non perdono occasione per agitare lo spauracchio della fuga delle aziende dai contratti collettivi, del livellamento verso il basso di retribuzioni e diritti e, addirittura, dell’aumento della disoccupazione e del lavoro nero.

Tutto ciò non sta in piedi.

Innanzi tutto non è avvenuto nei 21 paesi UE dove il salario minimo è giù una realtà, come la Germania, che al contrario ha visto crescere PIL e occupati, gli Stati Uniti e la Spagna, dove il governo guidato da Pedro Sánchez ha approvato un aumento di 15 euro; poi nella proposta del Movimento 5 Stelle, minimo salariale e rafforzamento della contrattazione collettiva sono due facce della stessa medaglia.

Se oggi 4,5 milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora e 360mila persone, pur avendo un impiego, beneficiano del reddito di cittadinanza perché la loro retribuzione è al di sotto della soglia di povertà vuol dire che qualcosa non va e bisogna intervenire subito.

Il disegno di legge depositato al Senato a firma Nunzia Catalfo fissa un principio di buonsenso: nessun lavoratore può guadagnare meno di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro più rappresentativi, cioè quelli firmati dalle principali associazioni sindacali e datoriali, e, comunque, il salario stabilito dal contratto stesso non potrà mai scendere sotto i 9 euro lordi all’ora.

A ciò andrà associato un taglio del cuneo fiscale per aiutare le imprese: il ddl prevede la detassazione degli aumenti di stipendio derivanti dal rinnovo dei contratti nazionali per il triennio 2022/2024.